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Tecnico di Neurofisiopatologia: per scoprire di più su questa professione, abbiamo intervistato il Dott. Francesco P

Il Tecnico di Neurofisiopatologia (TNFP) è un professionista sanitario che gioca un ruolo determinante nella diagnosi e nel monitoraggio delle patologie del sistema nervoso. Tramite metodiche diagnostiche avanzate come l’elettroencefalografia (EEG), l’elettroneuromiografia (ENMG), i potenziali evocati e le polisonnografie, il TNFP supporta il medico nella comprensione di condizioni neurologiche complesse. Lavora anche in ambiti critici come i monitoraggi intraoperatori in neurochirurgia e nelle terapie intensive, dove le sue competenze possono fare la differenza.

Per scoprire di più su questa professione, abbiamo intervistato il Dott. Francesco P., che ci ha raccontato il suo percorso e la sua esperienza professionale.

  • Come è nata la sua passione per questa professione e cosa l’ha spinta a intraprenderla?
    Mi sono sempre interessato a materie specifiche come la biologia e le neuroscienze e cercavo un percorso che mi permettesse di approfondire lo studio del sistema nervoso, ma anche di applicare queste conoscenze in modo concreto. Quando ho scoperto il corso di laurea in Tecniche di Neurofisiopatologia, ho capito che faceva al caso mio perché mi permetteva di combinare la teoria alla pratica: studiare il cervello e il sistema nervoso attraverso metodiche diagnostiche avanzate è stato ciò che mi ha spinto a scegliere questa carriera.
  • Quali sono le sfide principali che incontra nel suo lavoro quotidiano e come le affronta?
    Una delle sfide principali è quella di riuscire a instaurare un rapporto di collaborazione con il paziente, perché molti esami, come l’EEG o i potenziali evocati, richiedono concentrazione e pazienza. È essenziale adattare l’approccio alle esigenze del paziente: con i bambini, ad esempio, bisogna trovare strategie per metterli a loro agio. Ma una delle sfide più complesse è cercare di intuire quale sia il problema specifico del paziente mentre si esegue l’esame. Questo implica interpretare i segnali raccolti in tempo reale e, se necessario, adattare il test per indirizzarlo verso una diagnosi più precisa.
  • C’è un aneddoto o un episodio memorabile che le è rimasto impresso?
    Più che un episodio specifico, mi colpisce sempre vedere l’impatto concreto dei monitoraggi sul miglioramento delle condizioni dei pazienti. Ad esempio, in ambito neurochirurgico, un monitoraggio preciso durante l’intervento può fare la differenza per prevenire complicanze e sapere che il lavoro svolto non è solo un atto tecnico ma un tassello fondamentale per la salute del paziente è incredibilmente motivante. Ogni giorno, mi ricorda quanto sia importante prestare attenzione ai dettagli, perché ogni monitoraggio può contribuire a migliorare significativamente la qualità della vita di chi abbiamo davanti. È questa consapevolezza che dà un senso profondo al mio lavoro.
  • Quali cambiamenti o innovazioni ha osservato nella sua professione?
    Negli ultimi anni la neurofisiologia si è evoluta, soprattutto nell’ambito della neurochirurgia. Ora molti ospedali, anche quelli più piccoli, hanno tecnici in sala operatoria per monitoraggi intraoperatori, grazie a macchine più compatte e avanzate. Inoltre, anche l’ecografia applicata al sistema nervoso periferico è sempre più utilizzata. Sono convinto che in futuro queste tecnologie si integreranno sempre di più nella pratica quotidiana.
  • Qual è il consiglio più importante che darebbe a un giovane interessato a questa carriera?
    Serve una forte attitudine verso il paziente e un genuino interesse per la medicina e le neuroscienze. Inoltre, ritengo assolutamente fondamentale aggiornarsi continuamente e mantenere una mentalità aperta. Questa è una professione che offre grandi soddisfazioni, ma richiede dedizione e voglia di imparare, proprio perché ogni paziente è unico e affrontarlo con empatia e attenzione è la chiave per fare la differenza.

Grazie al Dott. Francesco P. che con questa intervista, ci ha offerto uno sguardo approfondito su una professione tanto complessa quanto indispensabile, dove tecnologia, scienza e umanità si intrecciano per migliorare concretamente la vita dei pazienti.

 

Approfondiamo la professione del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica con il Dott. Gianluca M.

Questo professionista lavora fianco a fianco con medici e radiologi per effettuare esami diagnostici come radiografie, TAC e risonanze magnetiche. Il suo lavoro consiste nell’utilizzare apparecchiature all’avanguardia che, tramite diverse tecnologie, permettono di estrarre immagini fondamentali per la diagnosi dei pazienti. In questa intervista, il dott. Gianluca M., ci racconta il suo percorso e le sfide quotidiane che affronta svolgendo questa affascinante professione.

  • Come è nata la tua passione per questa professione e cosa ti ha spinto a intraprenderla?
    La passione per questo lavoro è nata durante il tirocinio universitario. Mi sono accorto che il lavoro del tecnico sanitario di radiologia medica è dinamico e coinvolgente: ogni giorno hai a che fare con tante persone diverse e questo è un aspetto che mi ha attirato fin da subito. Inoltre, ho scoperto che mi piaceva il contatto con i pazienti e il fatto di poter essere d’aiuto. È una professione che richiede sensibilità e una certa predisposizione a trattare con persone in situazioni delicate, cosa che ho trovato e trovo, tutt’ora, molto gratificante. Sentirsi utile e aiutare chi ha bisogno mi fa sentire una persona migliore e mi ricorda ogni giorno perché ho scelto questo percorso.
  • Quali sono le sfide principali che incontri nel tuo lavoro quotidiano e come le affronti?
    Una sfida quotidiana è mantenere un rapporto collaborativo con tutti i membri dell’équipe sanitaria. Lavoriamo a stretto contatto con medici, infermieri e operatori sociosanitari; quindi, è importante mantenere un clima positivo e tracciare confini relazionali chiari. Inoltre, un’altra sfida importante è la continua evoluzione tecnologica. La radiologia è un campo che cambia rapidamente e aggiornarsi risulta indispensabile: dobbiamo essere sempre pronti a padroneggiare nuove apparecchiature e tecniche che aiutano i medici nelle diagnosi.
  • Puoi raccontare un aneddoto o un episodio memorabile che ti ha segnato positivamente durante la tua carriera?
    Lavoro in questo campo da circa sette anni e ogni giorno ci sono momenti di soddisfazione con i pazienti, ma sono stato segnato da un episodio in particolare. Una paziente anziana, dopo un esame, mi ha regalato una poesia molto emozionante. Quel gesto mi ha toccato profondamente e ancora oggi porto quella poesia con me. È un ricordo speciale che mi ha fatto riflettere sull’impatto che possiamo avere sui pazienti. È estremamente appagante rendersi conto che, per molti pazienti, anche un esame semplice può rappresentare un’esperienza significativa. Sapere che hanno percepito il mio lavoro come rispettoso e svolto con sensibilità umana dà un grande valore a ciò che faccio e mi ricorda quanto sia importante trattare ogni paziente con attenzione e umanità.
  • Quali cambiamenti o innovazioni hai visto nella tua professione negli ultimi anni e come pensi che evolverà in futuro?
    Negli ultimi anni l’intelligenza artificiale sta acquisendo un ruolo sempre più importante in radiologia. La prevenzione è un aspetto su cui si punta molto e l’intelligenza artificiale sta diventando un alleato prezioso per garantire cure più precise e tempestive. Ad esempio, nel campo delle ecografie, l’intelligenza artificiale sta già migliorando l’accuratezza e l’efficacia degli esami, e presto sarà impiegata anche nelle risonanze magnetiche. Penso che questi strumenti renderanno la nostra professione ancora più precisa e innovativa, trasformando la diagnostica in un processo sempre più rapido e affidabile.
  • Qual è il consiglio più importante che daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua professione dopo la scuola?
    Il consiglio principale è di svolgere questo lavoro con passione e dedizione. Bisogna sempre mettersi nei panni del paziente e cercare di mostrare empatia, perché i pazienti arrivano spesso con ansia e preoccupazione. Anche se il tempo di contatto è breve, è importante non essere superficiali e instaurare un rapporto di fiducia. Essere empatici fa la differenza: bisogna essere abili nel rassicurare il paziente in pochi minuti, per consentire che l’esame si svolga nel migliore dei modi. E, naturalmente, bisogna essere sempre pronti a imparare e a migliorarsi, perché questa è una professione in continua evoluzione.

 

Approfondiamo la professione di tecnico di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare con la Dott.ssa Emanuela T.

Emanuela ha lavorato nella sala operatoria di cardiochirurgia, occupandosi di circolazione extracorporea, ma avrebbe potuto lavorare anche in cardiologia nel campo dell’elettrofisiologia e diagnostica cardiologica.

Scopriamo insieme il suo percorso e le sfide della sua professione.

  • Come è nata la tua passione per questa professione e cosa ti ha spinto ad intraprenderla?
    La mia passione per la professione di tecnico di fisiopatologia cardiocircolatoria è nata a 16 anni, quando mi diagnosticarono un soffio al cuore. Ricordo quella giornata in cardiologia come un momento decisivo, in cui mi sono avvicinata al mondo della sanità e alle professioni che si occupano del cuore. A quei tempi, intraprendere questo percorso non era semplice: l’unica possibilità era una laurea a Roma o Verona e le informazioni sulla professione erano limitate. Tuttavia, quell’interesse nato in giovane età mi ha portato a scegliere questa strada e a scoprire una realtà professionale estremamente affascinante.
  • Quali sono le sfide principali che incontri nel tuo lavoro quotidiano e come le affronti?
    Le sfide quotidiane sono molte e, lavorando in equipe, la comunicazione efficace e positiva è la chiave per affrontarle. Coordinarsi con il team è essenziale per garantire che tutte le procedure vengano eseguite con precisione e che ogni paziente riceva l’assistenza più adatta alla sua condizione. Inoltre, nel mio caso, avendo lavorato in sala operatoria per oltre 38 anni, mi son trovata a gestire situazioni critiche e ho potuto constatare che mantenere la calma in situazioni d’emergenza rappresenta una sfida costante. Questo lavoro mi ha insegnato a sviluppare un approccio lucido anche nei momenti più difficili, per poter prendere decisioni rapide ed efficaci e riuscire a mantenere questa lucidità durante un’operazione è uno degli aspetti più importanti del nostro lavoro.
  • Puoi raccontare un aneddoto o un episodio memorabile che ti ha segnato positivamente durante la tua carriera?
    Nel corso della mia carriera ho vissuto molti momenti significativi. Tra questi, un’esperienza memorabile risale agli inizi della mia carriera, quando partecipai a un meeting negli Stati Uniti, organizzato da un’azienda che riunì 15 professionisti da tutto il mondo. Fu una vera immersione linguistica e culturale che mi aiutò a crescere sia da un punto di vista personale che da un punto di vista professionale.
  • Quali cambiamenti o innovazioni hai visto nella tua professione negli ultimi anni e come pensi che evolverà in futuro?
    La mia professione ha vissuto profondi cambiamenti tecnologici negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda gli strumenti con cui operiamo, che hanno visto un’evoluzione notevole. Anche la riforma universitaria ha contribuito, unificando le figure del tecnico di cardiologia e del tecnico di cardiochirurgia: oggi i nostri laureati sono abilitati sia in ambito cardiologico che cardiochirurgico, ampliando le loro competenze e possibilità di intervento.
    In futuro, mi auguro che la telemedicina continui a svilupparsi, permettendo il monitoraggio a distanza dei dispositivi cardiologici e offrendo un supporto continuo ai pazienti anche fuori dall’ospedale. Sul piano chirurgico, invece, l’evoluzione sta già portando verso tecniche mini-invasive che rendono gli interventi meno traumatici per i pazienti. Con piccoli tagli intercostali e tecnologie avanzate di monitoraggio, possiamo oggi operare il cuore in modo sicuro ed efficace.
  • Qual è il consiglio più importante che daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua professione dopo la scuola?
    Questa professione va intrapresa solo se c’è passione e dedizione. È un lavoro impegnativo, che richiede la pronta disponibilità, anche durante le festività o la notte. È importante essere consapevoli che l’aspetto umano è il 50% della cura: il contatto con il paziente, anche se indiretto, fa la differenza. La sanità va in crisi quando l’umanità va in crisi ed io ritengo che si debba guardare al benessere del paziente più che al profitto.

 

Oggi ti presentiamo il Dott. Tiziano D., ortottista, specializzato nella prevenzione, diagnosi e riabilitazione delle patologie visive.

L’ortottista si occupa della visione sia nei bambini che negli adulti, trattando disturbi come lo strabismo e l’occhio pigro. Nel caso dei più piccoli, fornisce un supporto fondamentale nella riabilitazione, aiutandoli a sviluppare correttamente le funzioni visive. Negli adulti, l’ortottista interviene per problematiche come le maculopatie e, nel caso degli anziani, offre assistenza nella riabilitazione alla lettura e nelle attività quotidiane. Inoltre, collabora strettamente con l’oculista, effettuando esami strumentali essenziali per la diagnosi e il trattamento delle patologie visive.

Scopriamo insieme il suo percorso e le sfide della sua professione.

  • Come è nata la tua passione per questa professione e cosa ti ha spinto a intraprenderla?
    La mia passione è nata in modo naturale, potrei dire che è sempre stata parte della mia vita, grazie al negozio di ottica di mia madre. Nel tempo, tuttavia, è cresciuto in me un interesse più profondo per il contatto diretto con i pazienti, un desiderio che va oltre l’aspetto commerciale: poter fare concretamente qualcosa per migliorare la loro qualità di vita.
  • Quali sono le sfide principali che incontri nel tuo lavoro quotidiano e come le affronti?
    La nostra unità operativa è piccola, quindi spaziamo tra molte attività, dalla valutazione strumentale alla preparazione per interventi di cataratta, fino al trattamento delle malattie della retina, come le maculopatie. Con l’invecchiamento della popolazione, il carico di lavoro è aumentato e la sfida più grande è riuscire a organizzare il tempo in modo efficiente e per soddisfare le esigenze di tutti i pazienti, lavorando in collaborazione e sinergia con i medici e gli altri ortottisti.
  • Puoi raccontare un aneddoto o un episodio memorabile che ti ha segnato positivamente durante la tua carriera?
    Più che un singolo episodio, i momenti più gratificanti per me sono quelli in cui vedo il progresso dei pazienti, specialmente nei bambini. Lavorando principalmente nella riabilitazione visiva, trovo estremamente appagante assistere a risultati positivi, a volte inaspettati, come il miglioramento significativo della vista o il successo di un intervento per correggere lo strabismo. Seguire un bambino lungo tutto il percorso riabilitativo, osservando i suoi miglioramenti e la sua crescente fiducia, è per me un’esperienza emozionante e fonte di grande soddisfazione.
  • Quali cambiamenti o innovazioni hai visto nella tua professione negli ultimi anni e come pensi che evolverà in futuro?
    Negli ultimi anni i progressi tecnologici sono stati straordinari, soprattutto per quanto riguarda gli esami strumentali. In passato, molte procedure erano decisamente più invasive, ma oggi possiamo ottenere immagini dettagliate della retina e delle sue patologie con strumenti meno invasivi. Questo ha migliorato notevolmente il trattamento di malattie come le maculopatie e altre patologie retiniche. Per esempio, quando ho iniziato nel 2002, la biometria per misurare le lenti intraoculari veniva fatta manualmente; oggi, invece, i biometri automatici semplificano notevolmente il processo. Guardando al futuro, credo che tecnologia e intelligenza artificiale avranno un ruolo sempre più centrale. Attualmente, per esempio, so che sono in fase di collaudo sistemi di intelligenza artificiale per lo screening della retinopatia diabetica: test recenti hanno mostrato che l’intelligenza artificiale è stata addirittura più precisa dell’occhio umano. Potremmo presto avere assistenti digitali che affiancheranno i medici nella diagnosi, migliorando ulteriormente la qualità delle cure.
  • Qual è il consiglio più importante che daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua professione dopo la scuola?
    Non pensare mai di essere arrivato: questa è una professione in continua evoluzione. È fondamentale aggiornarsi, mantenere curiosità e voglia di apprendere. Inoltre, il contatto umano è una parte essenziale del nostro lavoro. Prendersi qualche minuto in più per ascoltare i pazienti può rivelare dettagli preziosi per la diagnosi e il trattamento. Ritengo che la pazienza sia una virtù indispensabile per un ortottista. Devi essere disposto a dedicare tempo e attenzione a ogni paziente, perché dietro ogni problema visivo c’è una persona con aspettative e preoccupazioni. Questo atteggiamento non solo aiuta il paziente, ma arricchisce anche la tua esperienza professionale.

 

Il logopedista è il professionista della salute che si occupa del linguaggio, della voce, della comunicazione e della deglutizione. Inoltre, aiuta a trattare disturbi cognitivi legati all’apprendimento. Con studi, prevenzione e valutazione, formula terapie mirate per abilitare o riabilitare i pazienti, spesso lavorando in team multidisciplinari.

Cosa Fa un Logopedista?

Un logopedista esegue trattamenti per migliorare la comunicazione e la deglutizione. Aiuta le persone a superare problemi di linguaggio, voce e apprendimento, creando percorsi personalizzati che migliorano la qualità della vita.

Dove Lavora?

Il logopedista può lavorare in strutture sanitarie pubbliche o private, sia come dipendente che come libero professionista. La sua versatilità permette di operare in molti contesti diversi, sempre con l’obiettivo di aiutare i pazienti a comunicare meglio.

Non Confondere il Logopedista con il Podologo

Nonostante il nome simile, il logopedista e il podologo sono professionisti della salute con competenze molto diverse. Il logopedista si concentra sul linguaggio e la comunicazione, mentre il podologo si occupa della salute dei piedi.

Perché è Importante?

Il lavoro del logopedista è fondamentale per migliorare la qualità della vita delle persone con difficoltà di comunicazione e deglutizione. Aiutare qualcuno a parlare o a deglutire meglio può fare una grande differenza nella loro vita quotidiana e nel loro benessere generale.

Come Diventare Logopedista?

Se vuoi diventare logopedista, dovrai ottenere una laurea triennale in logopedia. Questo ti permetterà di acquisire tutte le competenze necessarie per aiutare i pazienti a migliorare le loro abilità di comunicazione e deglutizione.

Il terapista occupazionale è un operatore sanitario che lavora per favorire l’autonomia e la partecipazione delle persone che incontrano difficoltà nella propria vita quotidiana, aiutandole a svolgere attività di tutti i giorni come vestirsi, mangiare, lavorare e interagire con gli altri. Questa figura, che opera spesso in collaborazione con medici e altri professionisti sanitari, punta a creare soluzioni pratiche e personalizzate per migliorare la qualità della vita dei pazienti, considerando anche il contesto familiare e sociale in cui vivono.

Oggi scopriamo più a fondo il percorso e le sfide di questa professione grazie alla testimonianza della Dott.ssa Irene B:

  • Come è nata la tua passione per questa professione e cosa ti ha spinto a intraprenderla?
    La mia passione per il lavoro di terapista occupazionale è nata molto presto. Da piccola a scuola avevo un amico con sindrome di Down e, grazie alle maestre, ci veniva insegnato a coinvolgerlo nelle nostre attività. Già allora trovavo appagante pensare a modi per includerlo nei giochi e nelle attività quotidiane. Durante le superiori, poi, ho praticato del volontariato con individui con disabilità e proprio lì ho conosciuto una persona che mi ha consigliato il percorso di laurea in Terapia Occupazionale. Questo mi ha fatto capire che aiutare gli altri a ritrovare autonomia e serenità era qualcosa che desideravo fare come professione.
  • Quali sono le sfide principali che incontri nel tuo lavoro quotidiano e come le affronti?
    Ogni persona è diversa e la vera sfida è trovare soluzioni personalizzate che tengano conto non solo dei bisogni del paziente, ma anche delle risorse della sua famiglia e del contesto sociale. Il nostro lavoro può comprendere modifiche nell’ambiente domestico, training per le attività quotidiane e strategie di partecipazione. Inoltre, dobbiamo trovare il modo di sostenere non solo il paziente, ma anche chi lo circonda, adattando le soluzioni alle capacità e disponibilità di tutti. È un lavoro complesso, ma sapere che il mio contributo può fare la differenza è incredibilmente gratificante.
  • Puoi raccontare un aneddoto o un episodio memorabile che ti ha segnato positivamente durante la tua carriera?
    Ricordo due episodi in particolare. Nei primi anni della mia carriera, lavoravo in un centro di riabilitazione per bambini e seguivo un piccolo paziente con disturbi dello spettro autistico. Dopo alcune sedute, riuscii a conquistare la sua fiducia e un giorno, alla fine di un gioco, mi abbracciò all’improvviso. Fu un momento molto emozionante, che mi fece capire quanto possano essere importanti i piccoli passi nel nostro lavoro. Un altro episodio riguarda una paziente con una malattia neurologica genetica, che faticava a usare le mani per le attività quotidiane. Dopo un lungo percorso, mi ringraziò sentitamente per averle permesso di vivere una vita più indipendente. Nonostante non abbia fatto miracoli, la consapevolezza di aver migliorato la sua qualità di vita è un grande motivo di orgoglio.
  • Quali cambiamenti o innovazioni hai visto nella tua professione negli ultimi anni e come pensi che evolverà in futuro?
    Negli ultimi anni, la tecnologia assistita ha fatto passi da gigante: oggi possiamo contare su ausili avanzati per il controllo della casa, materiali termoplastici adattabili e la stampa 3D per oggetti personalizzati. Queste innovazioni offrono nuove possibilità per aiutare pazienti, come quelli con Parkinson, a gestire meglio la quotidianità. Inoltre, la presenza dei terapisti occupazionali nelle “case di comunità” permette una collaborazione più stretta tra professionisti, facilitando un lavoro di squadra efficace per offrire cure integrate ai pazienti. Anche l’intelligenza artificiale, seppur ancora in fase sperimentale, apre prospettive promettenti: in futuro, potrebbe contribuire a migliorare ulteriormente la qualità e la precisione degli interventi terapeutici.
  • Qual è il consiglio più importante che daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua professione dopo la scuola?
    Il mio consiglio è di essere sempre curiosi e aperti alle sfide. Questa professione richiede creatività e una mente libera da pregiudizi, perché le soluzioni possono essere le più varie e innovative. I ragazzi che vogliono intraprendere questo percorso devono essere pronti a mettersi in gioco e a imparare dall’esperienza. Vorrei chiudere con il motto che ispira la nostra professione: “C’è sempre un altro modo per fare ciò che vuoi… E nessun ostacolo può allontanarti da ciò che vuoi raggiungere.”

 

Il podologo è un professionista sanitario laureato che si occupa della prevenzione e cura delle patologie del piede. Tra i problemi su cui interviene ci sono verruche, callosità e unghie incarnite, ma anche complicanze più gravi, come quelle legate al piede diabetico. Fondamentale nel trattamento di condizioni legate alla postura, il podologo lavora con strumenti specifici per valutare l’appoggio del piede e, se necessario, crea ortesi plantari per migliorare la qualità del cammino. Inoltre, collabora spesso con altri specialisti e fornisce indicazioni per prevenire ulteriori problematiche, svolgendo un ruolo essenziale nella cura e nel mantenimento della salute del piede.

Il Dott. Leonardo M. ci racconta da vicino l’impatto della sua professione.

Come è nata la tua passione per questa professione e cosa ti ha spinto a intraprenderla?
La mia passione è cresciuta nel tempo. Inizialmente, la scelta di diventare podologo è stata un po’ casuale, non avevo una visione chiara, ma sentivo la curiosità di scoprire il settore sanitario. Con il tempo, però, la passione è aumentata. Mi sono reso conto che poter dare sollievo a chi soffre di dolori e disagi è una soddisfazione impagabile. L’idea di aiutare le persone a migliorare la qualità della loro vita è diventato il mio obiettivo principale e mi motiva a cercare sempre soluzioni efficaci e all’avanguardia.

Quali sono le sfide principali che incontri nel tuo lavoro quotidiano e come le affronti?
Ogni paziente presenta esigenze diverse e la sfida è trovare sempre la soluzione più adatta al singolo caso. Mi capita di dover lavorare con pazienti giovani e anziani, persone con infezioni dolorose o atleti che vogliono migliorare la loro performance. Affrontare queste sfide richiede molta preparazione e una continua disponibilità a migliorarsi. Mi piace affrontare ogni caso con lo spirito di un atleta: mi alleno mentalmente per dare sempre il massimo e immagino cosa vorrei ottenere se fossi io al posto del paziente. La mia filosofia è mettermi sempre in discussione e chiedermi cosa vorrei se fossi al posto del paziente da un professionista come me.

Puoi raccontare un aneddoto o un episodio memorabile che ti ha segnato positivamente durante la tua carriera?
Ci sono stati molti episodi significativi, ma uno in particolare mi è rimasto impresso. Un giovane rugbista aveva bisogno di una modifica urgente ai suoi plantari prima di un’importante partita. Riuscii a completare la modifica la sera prima della sua partenza. Il giorno del suo esordio, durante una partita molto attesa, l’ho visto in campo. Alla fine del match, mi ha fatto da lontano il segno “OK”, mostrandomi i plantari. Non poteva parlarmi per via del rumore, ma quel gesto mi ha dato una soddisfazione enorme. Sapere che i miei plantari lo avevano supportato in quel momento speciale è stato per me motivo di grande orgoglio.

Quali cambiamenti o innovazioni hai visto nella tua professione negli ultimi anni e come pensi che evolverà in futuro?
L’evoluzione tecnologica ha già portato cambiamenti significativi, in particolare grazie all’introduzione di strumenti digitali e misurazioni avanzate, che rendono i nostri esami ancora più precisi. Penso che il futuro nel nostro ambito sarà caratterizzato da una sempre maggiore collaborazione tra professionisti sanitari e un miglioramento della formazione continua. L’innovazione tecnologica, insieme alla condivisione di conoscenze tra colleghi, porterà a una crescita delle possibilità terapeutiche per i nostri pazienti.

Qual è il consiglio più importante che daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua professione dopo la scuola?
Consiglio di mantenere sempre una mentalità aperta e curiosa. Il podologo non è solo un tecnico: è una figura di riferimento per la salute del piede, con il compito di migliorare il benessere di persone di tutte le età, dai bambini agli anziani, dagli sportivi ai lavoratori. Essere podologo significa prendersi cura delle persone a 360 gradi e questo richiede empatia, preparazione continua e un forte senso di responsabilità.

 

L’igienista dentale è un professionista della salute orale con una laurea triennale che lavora insieme ai dentisti per mantenere i tuoi denti sani e belli. Con tecniche avanzate e un approccio personalizzato, si occupa di prevenire e trattare problemi ai denti, educando allo stesso tempo su come mantenere una buona igiene orale.

Cosa Fa un Igienista Dentale?

Immagina di andare dal dentista e incontrare una persona sorridente e accogliente che ti fa sentire subito a tuo agio. Questo è l’igienista dentale! Esegue trattamenti preventivi come la pulizia dei denti, rimuovendo placca e tartaro per prevenire carie e malattie gengivali. Inoltre, applica sigillature sui denti per proteggerli ulteriormente.

Ma non si ferma qui! L’igienista dentale può anche aiutarti a migliorare l’aspetto dei tuoi denti con trattamenti estetici come lo sbiancamento dentale. Vuoi un sorriso più bianco e brillante? L’igienista dentale ha la soluzione giusta per te.

Educazione e Motivazione

Uno degli aspetti più importanti del lavoro di un igienista dentale è l’educazione. Ti insegna come prenderti cura dei tuoi denti a casa, usando il filo interdentale, lo spazzolino e il collutorio in modo corretto. L’igienista dentale ti motiva a mantenere buone abitudini di igiene orale, rendendo più facile evitare problemi futuri.

Dove Lavora un Igienista Dentale?

L’igienista dentale può lavorare sia come libero professionista negli studi dentistici privati, sia come dipendente nelle strutture ospedaliere. Indipendentemente da dove lavori, il suo obiettivo è sempre lo stesso: mantenere la tua bocca sana e il tuo sorriso splendente.

Perché È Importante?

Mantenere una buona igiene orale non riguarda solo l’estetica. Una bocca sana è fondamentale per il benessere generale del corpo. Problemi ai denti e alle gengive possono portare a complicazioni più gravi se non trattati correttamente. Ecco perché l’igienista dentale gioca un ruolo così importante nella tua salute.

Come Diventare Igienista Dentale?

Se sei interessato a diventare igienista dentale, dovrai ottenere una laurea triennale in igiene dentale. Questo ti fornirà le conoscenze e le competenze necessarie per svolgere questa professione. Potrai imparare tutto sulla salute orale, le tecniche di pulizia, i trattamenti preventivi ed estetici, e come educare i pazienti.

Essere un igienista dentale significa fare la differenza nella vita delle persone, aiutandole a mantenere un sorriso sano e bello. È una professione gratificante che combina conoscenze scientifiche e abilità interpersonali, perfetta per chi vuole lavorare nel campo sanitario e ama interagire con le persone.

 

Analizziamo da vicino questa professione insieme alla Dott.ssa Petra Z., logopedista presso l’Ospedale di Treviso, dove lavora nel reparto di otorinolaringoiatria. Petra si occupa principalmente di riabilitare le funzioni legate al linguaggio e alle funzioni orali, legate alla deglutizione e alla voce, aspetti fondamentali per la qualità della vita dei pazienti.

In questa intervista ci racconta il suo percorso, le sfide e l’evoluzione della sua professione in questi anni.

  • Come è nata la tua passione per questa professione e cosa ti ha spinto a intraprenderla?
    Dopo i miei studi classici, che mi hanno fatto sviluppare una visione più pragmatica e concreta del linguaggio, ho capito che c’era un modo per unire la mia passione per la comunicazione e il desiderio di fare del bene: diventare logopedista. Questo percorso mi permette di combinare la sensibilità umana con il rigore scientifico, aiutando le persone a recuperare abilità fondamentali, come parlare, deglutire e comunicare in modo efficace. Spesso, questi aspetti vengono dati per scontati, ma rappresentano funzioni basilari per sentirsi integrati nella società e vivere in modo autonomo.
  • Quali sono le sfide principali che incontri nel tuo lavoro quotidiano e come le affronti?
    Una delle sfide principali è la percezione esterna del ruolo del logopedista. Molti pensano che noi logopedisti ci occupiamo esclusivamente del linguaggio, senza – invece – comprendere quanto sia vasto il nostro ambito d’intervento. Oltre al linguaggio, ci occupiamo di funzioni orali come la deglutizione e la voce e lavoriamo in stretta collaborazione con l’équipe medica per garantire il miglior percorso di riabilitazione possibile ai nostri pazienti. Il nostro contributo è essenziale per la qualità di vita dei pazienti, ecco perché il sostegno e la collaborazione dei colleghi medici diventa fondamentale per poter intervenire tempestivamente e in modo efficace.
  • Puoi raccontare un aneddoto o un episodio memorabile che ti ha segnato positivamente durante la tua carriera?
    Il mio ingresso in ospedale è stato un momento determinante per la mia carriera. Ero convinta che il mio lavoro fosse limitato agli aspetti linguistici della riabilitazione, ma già dal primo giorno sono rimasta affascinata dal mondo della chirurgia. Ricordo ancora la mia sorpresa e, allo stesso tempo, il mio entusiasmo nel vedere come il nostro intervento potesse essere prezioso anche per casi clinici complessi.
    Uno dei ricordi più toccanti riguarda un paziente terminale, sottoposto a molti interventi chirurgici, che presentava grandi difficoltà nella deglutizione. La sua condizione era critica, ma, con molta pazienza e costanza, siamo riusciti a migliorare significativamente la sua capacità di deglutire. Vedere la sua gratitudine e la sua gioia nel poter svolgere un atto così semplice è stato per me motivo di grande soddisfazione, e ricordo questo paziente ancora oggi.
  • Quali cambiamenti o innovazioni hai visto nella tua professione negli ultimi anni e come pensi che evolverà in futuro?
    Negli ultimi anni ho visto dei progressi significativi sia sul piano clinico che burocratico. C’è una maggiore collaborazione tra logopedista e medico, che va oltre la semplice diagnosi e trattamento. La logopedia sta finalmente assumendo un ruolo riconosciuto e integrato all’interno delle équipe ospedaliere e credo che questo migliorerà ulteriormente in futuro. Spero che si arrivi a una piena integrazione della logopedia nel sistema diagnostico, soprattutto per quanto riguarda la diagnosi precoce e il monitoraggio continuo.
  • Qual è il consiglio più importante che daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua professione dopo la scuola?
    Consiglierei di informarsi a fondo su tutte le sfaccettature della logopedia, la quale non riguarda esclusivamente il linguaggio, ma anche la deglutizione, la riabilitazione della voce e molto altro. È una professione ricca e complessa che offre tante opportunità di crescita sia umana che professionale.

 

La visione è fondamentale per ricevere informazioni dal mondo esterno, indispensabili per muoverci e orientarci. L’Ortottista assistente di oftalmologia, detto semplicemente Ortottista, è un professionista sanitario laureato che si occupa della visione e delle sue funzioni.

Cosa Fa un Ortottista?

L’Ortottista si occupa di trattare disturbi motori come lo strabismo e sensoriali come l’ambliopia (occhio pigro). Svolge attività di prevenzione visiva, valutazione e riabilitazione delle disfunzioni visive, e realizza esami strumentali oculistici per raccogliere dati e immagini utili.

Dove Lavora?

Lavora con autonomia professionale, collaborando con medici, altre professioni sanitarie e istituzioni come scuole e università. Si occupa di persone di tutte le età, dai neonati agli anziani, e utilizza dispositivi medici come occhiali e lenti a contatto per migliorare la visione.

Prevenzione e Educazione

In fase di prevenzione, l’Ortottista si dedica all’educazione visiva e agli screening ortottici. In età neonatale, valuta funzioni visive fondamentali che maturano nei primi 18-24 mesi di vita. Durante la vita scolastica e adulta, monitora condizioni come strabismi, ambliopia e difetti rifrattivi.

Riabilitazione Visiva

L’Ortottista tratta strabismi, ambliopia e disturbi della mobilità oculare e della visione binoculare. In ambito neuro-oftalmologico, gestisce problemi visivi associati a disturbi neurologici come diplopia (visione doppia) e paralisi muscolari. Inoltre, supporta bambini con DSA e disturbi del neurosviluppo.

Esami Strumentali

Effettua esami strumentali come:

  • Campo visivo
  • Angiografia retinica
  • OCT (tomografia a coerenza ottica)
  • Diagnostica corneale
  • Esami elettro-funzionali (elettroretinogramma, potenziali evocati visivi)
  • Esame della refrazione

Dove Puoi Trovarlo?

L’Ortottista opera in strutture pubbliche e private, in ospedali, cliniche, scuole e a domicilio. Può lavorare come dipendente o come libero professionista, offrendo anche prestazioni in telemedicina.

Perché è Importante?

Il lavoro dell’Ortottista è cruciale per migliorare la qualità della vita delle persone con difficoltà visive. Aiuta a mantenere l’autonomia e la sicurezza, riducendo il rischio di incidenti domestici e migliorando la capacità di muoversi nell’ambiente.

 

L’Educatore Professionale è un vero supereroe nei percorsi riabilitativi, trasformando vite con competenza e delicatezza. Opera in contesti educativi, sanitari e sociali, supportando individui e comunità a superare difficoltà e a crescere.

Cosa Fa un EP?

Un EP non è solo un lavoro, ma una missione di empatia, iniziativa e dedizione. Con relazioni significative e percorsi personalizzati, contribuisce alla salute, benessere e autonomia delle persone, promuovendo l’integrazione sociale e lo sviluppo delle comunità.

Competenze e Crescita Personale

Grazie alle sue competenze professionali trasversali, l’EP può operare in diversi ambiti. Ogni giorno non solo dà, ma riceve anche, arricchendosi attraverso le storie di fragilità e resilienza degli utenti. Questo continuo scambio con altri professionisti rende il lavoro in team essenziale e arricchente.

Un Percorso di Evoluzione

Essere un EP significa cambiare il mondo degli altri e trasformare il proprio mondo attraverso l’uso di metodologie scientifiche e strumenti della relazione intenzionale. Dietro ogni bisogno di salute c’è una persona, e l’EP è lì per fare la differenza.

Il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM) è un pilastro fondamentale nel mondo della salute. Utilizzando tecnologie avanzate come raggi X, TAC e Risonanza Magnetica, il TSRM svolge un ruolo cruciale nella esecuzione dell’esame prescritto .

Il Lavoro del TSRM

Lavora in stretta collaborazione con medici e infermieri, catturando immagini dettagliate del corpo umano. Queste immagini sono essenziali per individuare patologie e pianificare trattamenti.

Competenze Essenziali

  • Precisione
  • Attenzione ai dettagli
  • Competenze tecnologiche

Queste skills sono fondamentali in un ruolo che unisce scienza e tecnologia con il desiderio di aiutare le persone.

Professione Dinamica

Il TSRM è una professione in continua evoluzione, sempre all’avanguardia con le ultime innovazioni tecnologiche nel campo della Medicina. Chi sceglie questa carriera avrà l’opportunità di coniugare tecnologia e scienza, contribuendo direttamente al benessere dei pazienti.

Hai mai sentito parlare del tecnico di neurofisiopatologia? È un professionista sanitario che collabora nella diagnosi delle malattie del sistema nervoso, utilizzando tecniche come elettroencefalogramma, elettroneuromiografia, potenziali evocati, poligrafia ed eco-color doppler. Lavora nei campi della neurologia, neuropsichiatria infantile e neurochirurgia.

Cosa Fa?

Il tecnico di neurofisiopatologia esegue esami specifici direttamente sui pazienti per capire come funziona il loro sistema nervoso. Oltre a lavorare negli ospedali, può anche collaborare con aziende che producono apparecchiature per la neurofisiologia.

Soft Skills

Essere in grado di comunicare bene e instaurare un buon rapporto con i pazienti è essenziale. Molti esami richiedono la collaborazione del paziente, quindi la capacità di mettere a proprio agio le persone è fondamentale.

Opportunità di Lavoro

Grazie alla varietà di tecniche che utilizza e alle diverse aree in cui può operare, il tecnico di neurofisiopatologia ha molte possibilità di lavoro e può fare una grande differenza nella vita dei pazienti.

L’audioprotesista è un professionista sanitario specializzato nella prevenzione, correzione e riabilitazione dei deficit uditivi. Su prescrizione medica, ha il compito di scegliere, fornire e adattare il corretto apparecchio acustico.

Cosa Fa un Audioprotesista?

L’audioprotesista utilizza questionari valutativi per comprendere le difficoltà di ascolto del paziente. Questo permette di scegliere la migliore soluzione acustica per le sue esigenze. Inoltre, accompagna il paziente nel percorso riabilitativo, eseguendo test per valutare il miglioramento ottenuto grazie all’apparecchio acustico.

L’Importanza del Confort

È fondamentale far sentire a proprio agio il paziente, ascoltare i suoi bisogni e garantire il miglior stile di vita possibile con la soluzione acustica scelta.

Iter Formativo

Per diventare audioprotesista, è necessario completare una Laurea triennale in tecniche audioprotesiche, con un ampio tirocinio che permette di entrare nel vivo della professione.

Dove Lavora

L’audioprotesista lavora principalmente in centri audioprotesici, ma collabora strettamente con altri professionisti come il medico audiologo, l’otorinolaringoiatra, il tecnico audiometrista e il logopedista.

 

La terapia occupazionale, secondo la WFOT (World Federation of Occupational Therapy), è una professione che promuove la salute e il benessere attraverso l’occupazione, rendendo le persone capaci di partecipare alle attività della vita quotidiana.

Dove si Pratica?

La terapia occupazionale viene praticata in:

  • Ospedali
  • Centri di riabilitazione
  • Domicilio
  • Luoghi di lavoro
  • Scuole
  • Carceri
  • Case di riposo

A Chi si Rivolge?

Il terapista occupazionale lavora con persone di tutte le età e le loro famiglie e/o caregiver, utilizzando come mezzo principale le attività della vita quotidiana come alzarsi dal letto, lavarsi, cucinare, telefonare, guidare e lavorare.

Cosa Fa il Terapista Occupazionale?

  • Attività Individuali e di Gruppo: Utilizza attività sia individuali che di gruppo per migliorare la qualità della vita.
  • Ortesi e Ausili: Partecipa alla scelta e all’ideazione di ortesi o specifici ausili.
  • Modifiche dell’Ambiente: Propone modifiche dell’ambiente di vita.
  • Educazione: Promuove azioni educative verso la persona, la famiglia e la collettività.

Principali Ambiti d’Intervento

  • Neurologico: Parkinson, sclerosi multipla, traumi cranici, ictus.
  • Geriatrico: Alzheimer, demenze, delirium.
  • Reumatologico: Artrite, artrosi e altre patologie reumatiche.
  • Ortopedico: Fratture, lesioni ai tendini e ai nervi, amputazioni, chirurgia della mano.
  • Pediatrico: Paralisi cerebrali infantili, ritardi mentali, autismo, sindromi genetiche, traumatismi, malformazioni, disturbi sensoriali, DSA.
  • Salute Mentale: Disturbi psicotici, schizofrenia, depressione, sindrome bipolare.

 

Il Tecnico di Fisiopatologia Cardiovascolare e Perfusione Cardiovascolare (TFCPC) è un tecnico assistenziale specializzato in diverse aree di intervento:

Perfusione Cardiovascolare

  • Circolazione Extracorporea (CEC): In cardiochirurgia, il TFCPC gestisce la circolazione extracorporea, che garantisce una perfusione adeguata con sangue ossigenato a tutto il corpo durante l’intervento chirurgico. Questo sistema sostituisce temporaneamente la funzione del cuore e dei polmoni.
  • Dialisi: I circuiti extracorporei sono utilizzati anche in altri ambiti, come la dialisi.

Cardiologia

  • Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione: Il TFCPC si occupa di dispositivi come pacemaker, defibrillatori impiantabili e holter. Fornisce assistenza all’impianto e controlli, anche da remoto tramite telemedicina.
  • Ecocardiografia: Esegue esami ecocardiografici e produce referti tecnici.

Medicina Trasfusionale

  • Recupero Sangue: In chirurgia maggiore, il TFCPC recupera e reinfonde i globuli rossi persi durante o dopo l’operazione.
  • Aferesi: In un centro trasfusionale, il TFCPC esegue plasmaferesi e citoaferesi, processi di separazione dei componenti del sangue.

 

Il tecnico audiometrista è un professionista che lavora con le orecchie. L’orecchio, fondamentale per il nostro equilibrio e per percepire il mondo circostante, è essenziale per la nostra vita quotidiana. Quando ho iniziato il mio percorso di studi e lavoro, non sapevo bene cosa aspettarmi. Oggi voglio condividere un momento speciale della mia carriera per farti capire meglio il mio lavoro.

Il Ruolo del Tecnico Audiometrista

Il tecnico audiometrista esegue esami dell’udito per bambini e adulti. L’orecchio ci permette di sentire suoni, parole e rumori, oltre a mantenere l’equilibrio. Prima di iniziare, non sapevo quanto fossi fortunata a sentire bene e avere un buon equilibrio. Pensavo che il mio lavoro sarebbe stato semplice, ma ho scoperto molto di più.

Un Incontro Speciale

Un pomeriggio di novembre di circa 9-10 anni fa, ho incontrato Igor, un ragazzo della mia età con apparecchi acustici. Nonostante gli apparecchi, Igor riusciva a sentire solo pochi rumori. I suoi genitori si erano sempre opposti a un intervento per un impianto cocleare. Quel giorno, Igor era da solo, deciso a migliorare la sua vita nonostante le difficoltà.

L’Importanza dell’Udito

Gli esami confermarono che Igor aveva solo qualche residuo uditivo. Il linguaggio è strettamente connesso all’udito: se non sentiamo bene, anche la nostra capacità di parlare ne risente. Per Igor, la produzione orale era limitata, ma riusciva comunque a farsi capire. Alla fine della visita, il medico decise di prendere tempo per riflettere sull’intervento.

Un Nuovo Inizio

Dopo alcuni mesi, Igor tornò per l’intervento. Ero in sala operatoria, pronta ad assistere. L’intervento andò bene, e un mese dopo attivammo l’impianto cocleare. Quel momento in cui Igor sentì il suono del mondo per la prima volta fu indimenticabile.

La Magia del Mio Lavoro

Il mio lavoro non è una magia o un lieto fine da commedia, ma è magico per me. Vedere lo sguardo di felicità dei pazienti quando tornano a sentire è il regalo più grande. Questa è solo una delle tante storie che hanno cesellato la mia carriera, che non avrei mai immaginato di vivere.

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