Approfondiamo la professione di tecnico di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare con la Dott.ssa Emanuela T.
Emanuela ha lavorato nella sala operatoria di cardiochirurgia, occupandosi di circolazione extracorporea, ma avrebbe potuto lavorare anche in cardiologia nel campo dell’elettrofisiologia e diagnostica cardiologica.
Scopriamo insieme il suo percorso e le sfide della sua professione.
- Come è nata la tua passione per questa professione e cosa ti ha spinto ad intraprenderla?
La mia passione per la professione di tecnico di fisiopatologia cardiocircolatoria è nata a 16 anni, quando mi diagnosticarono un soffio al cuore. Ricordo quella giornata in cardiologia come un momento decisivo, in cui mi sono avvicinata al mondo della sanità e alle professioni che si occupano del cuore. A quei tempi, intraprendere questo percorso non era semplice: l’unica possibilità era una laurea a Roma o Verona e le informazioni sulla professione erano limitate. Tuttavia, quell’interesse nato in giovane età mi ha portato a scegliere questa strada e a scoprire una realtà professionale estremamente affascinante.
- Quali sono le sfide principali che incontri nel tuo lavoro quotidiano e come le affronti?
Le sfide quotidiane sono molte e, lavorando in equipe, la comunicazione efficace e positiva è la chiave per affrontarle. Coordinarsi con il team è essenziale per garantire che tutte le procedure vengano eseguite con precisione e che ogni paziente riceva l’assistenza più adatta alla sua condizione. Inoltre, nel mio caso, avendo lavorato in sala operatoria per oltre 38 anni, mi son trovata a gestire situazioni critiche e ho potuto constatare che mantenere la calma in situazioni d’emergenza rappresenta una sfida costante. Questo lavoro mi ha insegnato a sviluppare un approccio lucido anche nei momenti più difficili, per poter prendere decisioni rapide ed efficaci e riuscire a mantenere questa lucidità durante un’operazione è uno degli aspetti più importanti del nostro lavoro.
- Puoi raccontare un aneddoto o un episodio memorabile che ti ha segnato positivamente durante la tua carriera?
Nel corso della mia carriera ho vissuto molti momenti significativi. Tra questi, un’esperienza memorabile risale agli inizi della mia carriera, quando partecipai a un meeting negli Stati Uniti, organizzato da un’azienda che riunì 15 professionisti da tutto il mondo. Fu una vera immersione linguistica e culturale che mi aiutò a crescere sia da un punto di vista personale che da un punto di vista professionale.
- Quali cambiamenti o innovazioni hai visto nella tua professione negli ultimi anni e come pensi che evolverà in futuro?
La mia professione ha vissuto profondi cambiamenti tecnologici negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda gli strumenti con cui operiamo, che hanno visto un’evoluzione notevole. Anche la riforma universitaria ha contribuito, unificando le figure del tecnico di cardiologia e del tecnico di cardiochirurgia: oggi i nostri laureati sono abilitati sia in ambito cardiologico che cardiochirurgico, ampliando le loro competenze e possibilità di intervento.
In futuro, mi auguro che la telemedicina continui a svilupparsi, permettendo il monitoraggio a distanza dei dispositivi cardiologici e offrendo un supporto continuo ai pazienti anche fuori dall’ospedale. Sul piano chirurgico, invece, l’evoluzione sta già portando verso tecniche mini-invasive che rendono gli interventi meno traumatici per i pazienti. Con piccoli tagli intercostali e tecnologie avanzate di monitoraggio, possiamo oggi operare il cuore in modo sicuro ed efficace.
- Qual è il consiglio più importante che daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua professione dopo la scuola?
Questa professione va intrapresa solo se c’è passione e dedizione. È un lavoro impegnativo, che richiede la pronta disponibilità, anche durante le festività o la notte. È importante essere consapevoli che l’aspetto umano è il 50% della cura: il contatto con il paziente, anche se indiretto, fa la differenza. La sanità va in crisi quando l’umanità va in crisi ed io ritengo che si debba guardare al benessere del paziente più che al profitto.