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Il terapista occupazionale: scopriamo questa professione grazie alla testimonianza della Dott.ssa Irene B

Il terapista occupazionale: scopriamo questa professione grazie alla testimonianza della Dott.ssa Irene B

Il terapista occupazionale è un operatore sanitario che lavora per favorire l’autonomia e la partecipazione delle persone che incontrano difficoltà nella propria vita quotidiana, aiutandole a svolgere attività di tutti i giorni come vestirsi, mangiare, lavorare e interagire con gli altri. Questa figura, che opera spesso in collaborazione con medici e altri professionisti sanitari, punta a creare soluzioni pratiche e personalizzate per migliorare la qualità della vita dei pazienti, considerando anche il contesto familiare e sociale in cui vivono.

Oggi scopriamo più a fondo il percorso e le sfide di questa professione grazie alla testimonianza della Dott.ssa Irene B:

  • Come è nata la tua passione per questa professione e cosa ti ha spinto a intraprenderla?
    La mia passione per il lavoro di terapista occupazionale è nata molto presto. Da piccola a scuola avevo un amico con sindrome di Down e, grazie alle maestre, ci veniva insegnato a coinvolgerlo nelle nostre attività. Già allora trovavo appagante pensare a modi per includerlo nei giochi e nelle attività quotidiane. Durante le superiori, poi, ho praticato del volontariato con individui con disabilità e proprio lì ho conosciuto una persona che mi ha consigliato il percorso di laurea in Terapia Occupazionale. Questo mi ha fatto capire che aiutare gli altri a ritrovare autonomia e serenità era qualcosa che desideravo fare come professione.
  • Quali sono le sfide principali che incontri nel tuo lavoro quotidiano e come le affronti?
    Ogni persona è diversa e la vera sfida è trovare soluzioni personalizzate che tengano conto non solo dei bisogni del paziente, ma anche delle risorse della sua famiglia e del contesto sociale. Il nostro lavoro può comprendere modifiche nell’ambiente domestico, training per le attività quotidiane e strategie di partecipazione. Inoltre, dobbiamo trovare il modo di sostenere non solo il paziente, ma anche chi lo circonda, adattando le soluzioni alle capacità e disponibilità di tutti. È un lavoro complesso, ma sapere che il mio contributo può fare la differenza è incredibilmente gratificante.
  • Puoi raccontare un aneddoto o un episodio memorabile che ti ha segnato positivamente durante la tua carriera?
    Ricordo due episodi in particolare. Nei primi anni della mia carriera, lavoravo in un centro di riabilitazione per bambini e seguivo un piccolo paziente con disturbi dello spettro autistico. Dopo alcune sedute, riuscii a conquistare la sua fiducia e un giorno, alla fine di un gioco, mi abbracciò all’improvviso. Fu un momento molto emozionante, che mi fece capire quanto possano essere importanti i piccoli passi nel nostro lavoro. Un altro episodio riguarda una paziente con una malattia neurologica genetica, che faticava a usare le mani per le attività quotidiane. Dopo un lungo percorso, mi ringraziò sentitamente per averle permesso di vivere una vita più indipendente. Nonostante non abbia fatto miracoli, la consapevolezza di aver migliorato la sua qualità di vita è un grande motivo di orgoglio.
  • Quali cambiamenti o innovazioni hai visto nella tua professione negli ultimi anni e come pensi che evolverà in futuro?
    Negli ultimi anni, la tecnologia assistita ha fatto passi da gigante: oggi possiamo contare su ausili avanzati per il controllo della casa, materiali termoplastici adattabili e la stampa 3D per oggetti personalizzati. Queste innovazioni offrono nuove possibilità per aiutare pazienti, come quelli con Parkinson, a gestire meglio la quotidianità. Inoltre, la presenza dei terapisti occupazionali nelle “case di comunità” permette una collaborazione più stretta tra professionisti, facilitando un lavoro di squadra efficace per offrire cure integrate ai pazienti. Anche l’intelligenza artificiale, seppur ancora in fase sperimentale, apre prospettive promettenti: in futuro, potrebbe contribuire a migliorare ulteriormente la qualità e la precisione degli interventi terapeutici.
  • Qual è il consiglio più importante che daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua professione dopo la scuola?
    Il mio consiglio è di essere sempre curiosi e aperti alle sfide. Questa professione richiede creatività e una mente libera da pregiudizi, perché le soluzioni possono essere le più varie e innovative. I ragazzi che vogliono intraprendere questo percorso devono essere pronti a mettersi in gioco e a imparare dall’esperienza. Vorrei chiudere con il motto che ispira la nostra professione: “C’è sempre un altro modo per fare ciò che vuoi… E nessun ostacolo può allontanarti da ciò che vuoi raggiungere.”

 

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